mercoledì 14 gennaio 2009

RIFLETTIAMO....

Lo ammetto, in merito alla questione della Striscia di Gaza non so molto, ma mi sto informando e... mi sto spaventando, sto inorridendo e soprattutto non uso canali convenzionali per reperire notizie. Ammettiamolo non è che i nostri TG siano proprio esaustivi, magari di notte ti capita di imbatterti in programmi di approfondimento che cercano di darti una visione della cosa, ma spiegatemi perchè DI NOTTE? Forse perchè il buio ed il silenzio dovrebbero rendere le notizie e la reale situazione meno pesante e meno dolorosa? Non lo so, ma a me il silenzio fa l'effetto opposto, amplifica tutto, rende un bisbiglio un urlo straziante! Bhe io vi invito a riflette su questo post via ENOCH...

Ad alta voce.



La sera del 27 dicembre, a poche ore dall’inizio degli attacchi aerei su Gaza, lo scrittore inglese John Berger ha spedito questa e-mail: “Siamo spettatori dell’ultimo capitolo del conflitto tra Israele e i palestinesi, cominciato sessant’anni fa. Sulla complessità di questo tragico conflitto sono state pronunciate miliardi di parole, in difesa di una parte e dell’altra. Ma oggi, con gli attacchi su Gaza, è diventato chiaro a tutti qual è il calcolo che in modo nascosto è stato sempre presente: la morte di un israeliano giustifica l’uccisione di centinaia di palestinesi. Lo ripetono il governo israeliano e quasi tutti i mezzi di informazione del mondo. È un’affermazione profondamente razzista, che ha accompagnato e giustificato la più lunga occupazione di un territorio straniero nel ventesimo secolo. Che gli ebrei debbano accettarlo, che il mondo debba consentirlo e che i palestinesi debbano subirlo è uno strano scherzo della storia. Ma non c’è niente da ridere. Possiamo invece respingerlo, e ad alta voce” (Internazionale).


Nella foto, il funerale di Lama Hamdan, 4 anni, nel cimitero di Beit Hanoun, nel nord della Striscia di Gaza. Lama e la sorella sono state uccise mentre si trovavano per strada durante un bombardamento.


Intanto, gli israeliani si autoassolvono, scaricando la colpa sulle vittime:

Come si sentono gli israeliani quando la loro artiglieria colpisce una scuola gestita dalle Nazioni Unite, uccidendo decine di persone? La risposta - scrive il Jerusalem Post - è che siamo profondamente scossi, afflitti e angosciati per la terribile perdita di vite umane. Ma non ci sentiamo colpevoli. Siamo arrabbiati con Hamas per averci costretto alla guerra, per usare i civili di Gaza come scudi umani e - ultimo oltraggio - per avere trasformato un luogo dove la gente aveva cercato rifugio in un deposito d'armi. Per parafrasare Golda Meir, forse verrà un giorno in cui perdoneremo gli arabi per aver ucciso i nostri figli, "ma sarà molto difficile perdonargli per averci costretto a uccidere i loro".

Autoassoluzione che spiana la strada verso future e "necessarie" stragi.

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